LETTERA APERTA AL SENATORE DESSÌ

LETTERA APERTA AL SENATORE DESSÌ

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta che uno dei membri del nostro Comitato acquirenti piani di zona ha inviato al senatore Emanuele Dessì. Per rispetto della privacy delle persone citate e coinvolte in questa storia, abbiamo preferito eliminare i nomi.

Gentile sen. Dessì,
mi scusi se la disturbo utilizzando un mezzo così poco formale, ma sicuramente utile a ridurre i tempi e le distanze tra politica e cittadini. Sono un’acquirente di un immobile costruito in un piano di zona a Roma. Spero che questo non le impedisca di arrivare fino alla fine del messaggio, perché credo sia importante provare a capire anche la nostra situazione. Sono settimane, senatore Dessì, che non dormo o dormo male, che sono nervosa, poco produttiva a lavoro, che litigo con mio marito o rispondo male alle persone che mi vogliono bene. Sono settimane, senatore Dessì, che sottraggo tempo a mia figlia, per cercare di capire perché siamo finiti in questo incubo. Perché sa, senatore Dessì, non è tragica solo la situazione di chi ha venduto, ma anche di chi ha comprato. Anzi soprattutto di chi ha comprato e mi stupisce che nessuno di voi riesca a capirlo o voglia semplicemente incontrarci per ascoltare le nostre ragioni, le nostre storie. E non mi abbandona il tormento di sapere che, se quell’emendamento di cui lei si fa gran vanto, fosse approvato la mia situazione diverrebbe ancora peggiore. Le spiego brevemente perché. Potrei annoiarla con discorsi sulla costituzionalità di quell’emendamento, glielo risparmio perché sa benissimo che violare la proprietà privata o fare una norma retroattiva non è previsto dalla nostra Costituzione né dal Codice civile. Le spiego le ragioni umane ed emotive che mi fanno star male, che mettono a repentaglio la mia tenuta psicologica. Qui parliamo di una questione di giustizia, di equità e di trasparenza. Se quell’emendamento dovesse passare, io non riavrò indietro la mia casa così come pensavo di averla acquistata. Non potrò rivenderla se non a chi avrà quei famosi diritti soggettivi che finora sono stati ignorati, potrò rivenderla solo quando il mio venditore (o chi per lui, perché quel chiunque vi abbia interesse è una formula così larga e lasca da essere imbarazzante) avrà deciso di pagare l’ultima rata dell’affrancazione, lasciandomi intanto a pagare interessi su un mutuo che non avrei dovuto pagare e che la banca non mi avrebbe dovuto concedere. Sa, senatore Dessì, qual è la cosa che mi angoscia di più? Che, proprio grazie alla sua norma, a quel pagamento rateale, al fatto di non poter più chiamare in causa nessuno (non solo il venditore, ma anche notai e banche, i famosi poteri forti che vorreste contrastare), la mia banca domani potrebbe chiedermi indietro il capitale che mi ha prestato (ben 230 mila euro), perché il mio immobile non è più in grado di garantire quel capitale. E dove li troverei, senatore Dessì, quei soldi, se tutto ciò che avevo, se i risparmi miei, della mia famiglia, dei miei genitori e suoceri, li ho impegnati per comprare quella casa? Una casa che oggi vale meno di 120mila euro e che non riacquisterà mai quel valore di mercato con la sola affrancazione. Le nostre case, sentore Dessì, grazie alla confusione generata dal vostro atteggiamento e non dalla giurisprudenza ondivaga (la prima sentenza della Corte di cassazione risale al 1994 e non al 2015, come vogliono farle credere i venditori, qui non c’è nessuna norma retroattiva della Cassazione, ma solo un condono, il suo condono) non le vuole più nessuno, si sono svalutate ben oltre le dinamiche di mercato. Cosa dovrei fare a quel punto, senatore Dessì, mentre il mio venditore è salvo? Guardare il mio sogno sgretolarsi? Sa, senatore Dessì, cosa mi fa star più male, che quasi non mi permette più di guardarmi allo specchio? Non i soldi che penso di aver perso in questa vicenda, ma il non poter più guardare in faccia mia figlia di otto anni senza pensare che i sacrifici che le chiedo di fare sono inutili. Perché per pagare quei mille euro di mutuo al mese, caro senatore Dessì, non è che i soldi li trovi sotto il cavolo, no devo guadagnarmeli, togliendo tempo, attimi di condivisione, abbracci, sorrisi, ricordi a mia figlia. Sacrifici che lei, con quell’emendamento, sta rendendo vani. E’ umiliante, senatore Dessì. Perché noi non siamo più ricchi dei nostri venditori, come il prof. Gino Scaccia ha ribadito nel famoso convegno dei notai, offendendoci. No, senatore Dessì, vengo da una famiglia umile, ma con una grande dignità e un gran rispetto del prossimo. Un rispetto che non mi avrebbe mai portato a chiedere indietro a chi mi ha venduto casa quei 180mila euro che intanto si è messo in tasca, senza poterlo fare. Speculando, perché in pochi anni ha triplicato il suo capitale e questo in italiano ha un solo nome per essere etichettato: SPECULAZIONE. Io, caro senatore Dessì, avrei voluto mediare, chiedendo i soldi dell’affrancazione e la quantificazione dei danni finora subiti (gli interessi sul mutuo, la necessità di ricorrere a un avvocato, la svalutazione subita dal mio capitale), ma grazie alla speranza di una facile formula d’uscita i miei venditori non si sono neanche presentati in mediazione. Le sembra giustizia o buon senso questo? E la mia non è neanche una delle storie più drammatiche. Un nostro caro amico, che ha dato al suo venditore 300mila euro in più e che in cambio ha ricevuto solo no e un sorriso sarcastico, è costretto a restare a Roma, solo, prigioniero in quella casa, mentre le sue bambine vivono in un’altra città con i nonni. Solo, perché sua moglie, la nostra cara amica, due anni fa ci ha lasciato, non c’è più, e lui non può permettersi di mantenere a Roma le bambine e pagare contemporaneamente il mutuo. Cosa vuole fare, senatore Dessì, restituirgli indietro una casa svalutata, con la cui vendita (semmai dovesse riuscirci) non coprirà neanche le spese del mutuo o permettergli di trovare un accordo equo con il suo venditore e continuare la sua vita? Sono queste, senatore Dessì, le nostre storie, le nostre angosce che non ha voluto neanche ascoltare, fidandosi di chi sull’edilizia residenziale convenzionata ha voluto davvero speculare. La ringrazio del suo tempo

 

Comitato acquirenti Piani di zona