Sentenza Consiglio di Stato Comune Monte Catini Terme Vs Abitanti PEEP: Il Comune deve procedere alla Trasformazione


Di seguito il Testo Integrale della Sentenza ( qui il LINK )

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1384 del 2019, proposto dal Comune di Montecatini Terme, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Rossana Parlanti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

i signori Antonella De Vincenzi, Gianluca Giusti, Romano Nardini, Marzia Vetruzzini, Paolo Franceschino, Patrizia Bargnesi, Leonardo Murgia, Pierina Tarabusi, Maria Rosaria Seconnino, Vito Girasoli, Livia Natalini, Denis Glloga, Gianfranco Pazzaglia, Silvana Sarno, Cristiano Nardini, Paolo Vigna, Bruna Otti, Andrea Pucci, Gabriella Filippi, Valeriano Dolfi, Iva Stepankova, Giorgio Gabbani e Milvia Semplici, rappresentati e difesi dall’avvocato Silvia Ginanni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 1558/2018, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori Antonella De Vincenzi, Gianluca Giusti, Romano Nardini, Marzia Vetruzzini, Paolo Franceschino, Patrizia Bargnesi, Leonardo Murgia, Pierina Tarabusi, Maria Rosaria Seconnino, Vito Girasoli, Livia Natalini, Denis Glloga, Gianfranco Pazzaglia, Silvana Sarno, Cristiano Nardini, Paolo Vigna, Bruna Otti, Andrea Pucci, Gabriella Filippi, Valeriano Dolfi, Iva Stepankova, Giorgio Gabbani e Milvia Semplici;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti l’avvocato Maria Luisa Jaus, su delega dell’avvocato Rossana Parlanti, e l’avvocato Silvia Ginanni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Toscana (R.G. 935/2012), gli odierni appellati, titolari del diritto di proprietà superficiaria di alcuni alloggi siti nell’ambito di un piano per l’edilizia economica e popolare (PEEP) approvato dal Comune di Montecatini Terme, impugnavano la lettera raccomandata a firma del dirigente del Servizio tecnico del 13 aprile 2012, con la quale, in risposta alla loro richiesta di acquisto della piena proprietà degli stessi in conformità a quanto previsto dalla delibera C.c. n. 22/2005 in applicazione della legge n. 448/1998, il Comune negava la sussistenza delle condizioni per procedere alla richiesta trasformazione dei loro diritti.

I ricorrenti chiedevano altresì la condanna del Comune di Montecatini Terme a porre in essere gli adempimenti finalizzati a consentire ai ricorrenti la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà dei propri alloggi in area PEEP, ai sensi dell’art. 31, comma 46, della l. n. 448/1998, nonché al risarcimento dei danni.

2. Il T.a.r., con la sentenza n. 1558 del 28 novembre 2018, ha accolto il ricorso, condannando il Comune a procedere entro 90 giorni alla richiesta trasformazione, oltre al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio. Secondo il Tribunale, in particolare:

a) è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto, da un lato, l’impugnata nota ha carattere provvedimentale, dall’altro, con delibera consiliare n. 22/2005 la facoltà di trasformazione del diritto dei superficiari in diritto di proprietà è divenuta un obbligo; (NDR: lo stesso vale per il comune di Roma, con le delibere n. 54/2003 e 55/2011, ne parlavamo già qui: LINK )

b) l’acquisto da parte del Comune delle aree destinate ad usi pubblici è questione indipendente da quella della trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà;

c) le aree pertinenziali del fabbricato erano state oggetto di concessione in diritto di superficie agli assegnatari ed eventuali impegni per il mantenimento dell’uso pubblico delle medesime non ne impediscono la cessione in proprietà.

3. Il Comune di Montecatini ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le seguenti censure in tal modo rubricate:

i) “violazione e falsa applicazione art. 2 comma 8 l. 241/90 – art. 31 commi 1 e 2 d. lgs 104/2010”;

ii) “violazione e falsa applicazione dell’art. 31 l. 448/1998 – art. 51 legge 22 ottobre 1971 – travisamento dei fatti”;

iii) “violazione e falsa applicazione dell’art. 31 comma 45 l. 448/1998 – travisamento dei fatti”;

iv) “violazione e falsa applicazione art. 31 comma 47 l. 448/98”.

3.1. Si sono costituiti in giudizio gli originari ricorrenti, i quali, depositando memoria difensiva, si sono opposti all’appello e ne hanno chiesto l’integrale rigetto.

3.2. Con successive memorie entrambe le parti hanno replicato alle avverse deduzioni, insistendo nelle proprie conclusioni.

4. All’udienza del 5 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

6. Il Collegio intende premettere in punto di fatto che:

a) l’edificio condominiale posto in Montecatini Terme (PT), via Lucania n. 16, dei cui alloggi gli odierni appellati sono assegnatari, è stato realizzato all’interno del piano di edilizia economica e popolare (PEEP), denominato “Via Lucania Est”, su un terreno rappresentato al Catasto Terreni del Comune di Montecatini Terme dai mappali 570, 583, 580, 574, 568, 578, 576, 575, 161 del foglio di mappa 26;

b) l’area PEEP veniva individuata con variante al PRG approvata con delibera della Giunta regionale n. 7945 del 30 luglio 1980 e successiva variante, approvata con delibera del Consiglio comunale n. 423 del 28 novembre 1980;

c) la società cooperativa Cooper Montecatini, assegnataria del diritto di superficie con convenzione del 13 ottobre 1982, provvedeva, in seguito, all’assegnazione, in diritto di proprietà superficiaria, degli alloggi ai propri soci;

d) il Comune prevedeva linee di indirizzo per la trasformazione in diritto di proprietà del diritto di superficie, adottando la delibera del Consiglio comunale n. 22 del 14 febbraio 2005; (NDR: lo stesso vale per il comune di Roma, con le delibere n. 54/2003 e 55/2011, ne parlavamo già qui: LINK all’articolo clicca QUI )

e) dopo aver acquisito l’elenco dei condomini al fine di verificare il loro interesse alla trasformazione, il Comune, in data 13 maggio 2005, notificava a ciascun proprietario la richiesta a formalizzare il proprio interesse alla trasformazione e determinava, individualmente ed in via preventiva, il corrispettivo dovuto per la trasformazione; (NDR: anche questo è successo in molti piani di zona Romani dove il comune ha avviato il procedimento di Trasformazione, incassato i soldi, e non finalizzatola procedura di Trasformazione)

f) i condomini, dopo aver aderito alla richiesta ed aver provveduto a redigere i frazionamenti necessari per l’aggiornamento catastale e per l’esatta individuazione dell’area di pertinenza del condominio, inviavano molteplici solleciti per ottenere un seguito e una conclusione del procedimento amministrativo con le lettere del 12 febbraio 2007, del 12 marzo 2008, del 21 aprile 2008, del 18 febbraio 2010 ed infine con la raccomandata recapitata in data 13 marzo 2012;

g) a quest’ultima il Comune dava infine risposta, con la nota del 13 aprile 2012 prot. 14818, nella quale il dirigente del Servizio tecnico negava il diritto alla trasformazione, in quanto “alcune aree non sono ancora state acquisite al patrimonio dell’ente” e poiché “dovrà essere stabilito quali aree esterne verranno assegnate di pertinenza agli edifici e quali invece resteranno di pubblico utilizzo”.

7. Ciò premesso, va dato atto che con il primo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui respinge l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata in primo grado. L’Ente appellante sostiene infatti che i ricorrenti, a fronte della mancata trasformazione del diritto di superficie, più volte richiesta all’Amministrazione, avrebbero dovuto, anziché impugnare la nota dirigenziale del 13 aprile 2012, agire giudizialmente per “l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere ai sensi dell’art. 31 comma 1 del cpa”.

7.1. La censura è infondata.

7.2. Invero, in maniera condivisibile il primo giudice rilevava l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, in ragione della sostanziale equivalenza della nota impugnata con un esplicito provvedimento di diniego di carattere lesivo ed in considerazione della sussistenza di un obbligo dell’ente comunale di pronunciarsi sull’istanza.

Come risultante dalla illustrazione dei fatti, la comunicazione, a firma del dirigente del Servizio tecnico comunale, aveva infatti come logiche premesse tanto l’adozione della delibera del Consiglio comunale n. 22/2005, con cui venivano dettate le linee di indirizzo per la trasformazione in diritto di proprietà del diritto di superficie, quanto la notifica ai condomini, in data 13 maggio 2005, da parte del Comune stesso della richiesta di formalizzazione dell’interesse alla trasformazione, a cui era stato dato dai condomini stessi un seguito positivo.

Peraltro, l’impugnata nota interveniva successivamente ai molteplici solleciti inviati dai condomini e, in particolare, veniva adottata in risposta all’ultima lettera da questi inviata (recapitata al Comune in data 13 marzo 2012), con cui veniva rinnovata l’istanza di acquisizione del diritto di piena proprietà e veniva diffidata l’Amministrazione a determinare il prezzo definitivo di cessione, nonché ad adottare tutti gli ulteriori provvedimenti necessari per addivenire all’acquisizione.

Ne deriva, pertanto, che la comunicazione impugnata, tanto in ragione degli atti pregressi quanto per il tenore della stessa, ha valenza di provvedimento di diniego intrinsecamente lesivo.

8. Con la seconda censura l’appellante (NDR il Comune) contesta la sentenza impugnata ove afferma la irrilevanza della mancata acquisizione della totalità delle aree ad uso pubblico del PEEP, ai fini della trasformazione in proprietà delle diverse ed autonome aree edificate già assegnate in diritto di superficie. In particolare, secondo il Comune, l’area su cui insiste il condominio, in quanto parte del PEEP, dovrebbe essere considerata un tutt’uno con le restanti aree del PEEP, con la conseguenza che – non essendo state ancora completamente acquisite dal Comune tutte le aree individuate nel comparto – non sarebbe possibile procedere alla trasformazione. Ciò, peraltro, sarebbe impedito dalla previsione normativa che impone di determinare il prezzo di cessione in modo che questo sia sufficiente ad assicurare la copertura delle spese sostenute per l’acquisizione di dette aree.

8.1. Il Collegio, nel ravvisare l’infondatezza della censura, premette sul piano normativo che:

a) ai sensi dell’art. 51, comma 1, della l. n. 865/1971, “i programmi costruttivi di edilizia residenziale sono localizzati su aree indicate con delibera del Consiglio Comunale nell’ambito delle zone residenziali dei piani regolatori”;

b) ai sensi dell’art. 35, commi 2, 3 e 4, della l. n. 865/1971, “2. Le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, sono espropriate dai comuni o dai loro consorzi. 3. Le aree di cui al precedente comma, salvo quelle cedute in proprietà ai sensi dell’undicesimo comma del presente articolo, vanno a far parte del patrimonio indisponibile del comune o del consorzio. 4. Su tali aree il comune o il consorzio concede il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico e popolare e dei relativi servizi urbani e sociali”;

c) ai sensi dell’art. 31, comma 45, della l. n. 448/1998, “i comuni possono cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, ovvero delimitate ai sensi dell’articolo 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, già concesse in diritto di superficie ai sensi dell’articolo 35, quarto comma, della medesima legge n. 865 del 1971”;

d) ai sensi dell’art. 31, comma 47, della l. n. 448/1998, “la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo determinato ai sensi del comma 48”;

e) ai sensi dell’art. 31, comma 48, della l. n. 448/1998, “il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dai comune, su parere del proprio ufficio tecnico”.

8.2. Dalla lettura di tali disposizioni discende, in primo luogo, che l’art. 31, c. 45, l. n. 448/98, nel prevedere la facoltà di trasformazione del diritto di superficie in proprietà, non impone che tale operazione debba necessariamente interessare l’intera estensione del PEEP, limitandone l’ambito di applicazione alle aree di tale piano già concesse in diritto di superficie.

Le argomentazioni addotte dal Comune per il rigetto della richiesta di trasformazione risultano pertanto sfornite di uno specifico fondamento normativo, considerando, peraltro, nell’ottica della conferma dell’illegittimità del diniego, che risulta pacifico che l’area ove insiste il condominio è di proprietà dell’Ente comunale, avendola questo acquisita in data 17 giugno 1982.

D’altro canto, considerare l’area di insistenza del condominio interessato, in ragione della sua inclusione nell’ambito del PEEP, quale componente, assieme alle altre aree del PEEP, di un unicum inscindibile, sebbene rilevi ai fini della individuazione dell’ambito di estensione del piano, non rileva ai fini della trasformazione.

8.3. Del pari non può rappresentare giustificazione valida ad impedire la trasformazione il fatto che i proventi debbano coprire le spese per l’acquisizione delle aree mancanti, secondo quanto previsto dall’art. 35, comma 12, della l. n. 865/1971.

Invero, per un verso, il principio di pareggio degli oneri non può costituire, in via preventiva, ostacolo alla realizzazione della trasformazione, dovendo, se necessario, essere garantito successivamente, tramite conguaglio, una volta proceduto all’acquisto delle restanti aree.

D’altro canto, secondo quanto espressamente previsto dalla medesima disposizione di legge, detto principio opera sia in caso di assegnazione delle aree edificate in proprietà sia in caso di assegnazione delle aree in superficie.

9. Con il terzo motivo, il Comune censura la sentenza nella parte in cui statuisce che la facoltà di trasformazione prevista dall’art. 31, comma 45 sopra citato “si è trasformata in obbligo a seguito della richiamata delibera consiliare n. 22/2005 che ha incluso il Peep in cui si trovano gli alloggi dei ricorrenti tra quelli per cui può essere disposta la concessione del diritto di proprietà piena a richiesta degli interessati”.

Ad avviso dell’appellante, invero, il primo giudice avrebbe errato nell’aver omesso di considerare che la delibera consiliare conteneva mere linee di indirizzo, non vincolanti per i dirigenti comunali, i quali avrebbero “verificato che per il Peep di via Lucania non sussistevano le condizioni per la trasformazione”.

Con un quarto ed ultimo motivo di appello, infine, il Comune di Montecatini Terme contesta la sentenza impugnata in quanto questa non avrebbe tenuto di conto che la normativa citata richiede che la cessione in proprietà delle aree avvenga “a seguito di proposta da parte del Comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi”: proposta che, a detta dell’appellante, nel caso di specie sarebbe mancata.

Inoltre, sempre secondo l’Amministrazione, la trasformazione sarebbe preclusa anche per il fatto che non vi sarebbero proposte del Comune contenenti “specifica determinazione del prezzo di vendita”.

9.1. I due motivi di appello, da esaminare congiuntamente in ragione del rapporto di stretta connessione tra loro, risultano destituiti di fondamento.

9.2. Il Collegio, rinviando per quanto necessario alle premesse in fatto, rileva che il Comune, adottando la delibera n. 22/2005 (mai in seguito modificata o revocata dall’Ente):

a) esercitava la facoltà di cui all’art. 31, c. 45, della l. n. 448/98 di trasformare il diritto di superficie in diritto di proprietà, manifestando in maniera chiara ed esplicita il proprio intendimento di cedere il diritto di proprietà delle aree del PEEP già cedute in diritto di superficie;(NDR: lo stesso vale per il comune di Roma, con le delibere n. 54/2003 e 55/2011, ne parlavamo già qui: LINK all’articolo clicca QUI )

b) rinviava a successiva determinazione solo ai fini della individuazione del relativo corrispettivo secondo le previsioni dell’art. 31, comma 48, della l. n. 448/1998;

c) piuttosto che rimettere la decisione definitiva in ordine alla trasformazione all’esito delle verifiche dei dirigenti comunali, si limitava ad incaricare il dirigente del Servizio V “Assetto del territorio” “all’emanazione di tutti gli eventuali atti collaterali per la trasformazione delle aree in diritto di proprietà”, in tal modo rimettendo al livello amministrativo l’attuazione – del tutto vincolata – di una volontà già espressa in maniera definitiva a livello politico.

Del resto, tale volontà di cessione trovava successiva conferma con l’invio da parte del Comune, in data 13 maggio 2005, a ciascun proprietario della richiesta di formalizzare il proprio interesse alla trasformazione, con contestuale determinazione, individualmente ed in via preventiva, del corrispettivo dovuto per la trasformazione, in applicazione dell’art. 31, comma 48, l. n. 448/98. Tale quantificazione ad ogni modo riportava la precisazione che “detto importo sarà calcolato in via definitiva, ai sensi di legge, conseguentemente alla avvenuta richiesta di adesione alla trasformazione in oggetto”.

Si deve pertanto concludere che, attraverso la delibera del Consiglio comunale n. 22/2005, il Comune esercitava l’opzione di trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà, in tal modo escludendo che la decisione potesse essere modificata in sede di attuazione amministrativa e, in definitiva, rendendo obbligatoria la conclusione del relativo procedimento, a fortiori a fronte degli insistenti solleciti degli interessati. A tal fine, a nulla rileva la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 5-bis della l. n. 359/1992 (Corte Cost. n. 348/2007), quale disposizione presa a riferimento per il calcolo dei corrispettivi, atteso che essa in nessun modo incide sul diritto alla trasformazione.

9.3. L’analisi dei ripetuti contatti intervenuti tra l’Amministrazione e i condomini conduce peraltro a negare fondamento alla quarta censura, ad ogni modo da considerare inammissibile nei limiti in cui, introducendo una nuova eccezione preclusa ex art. art. 104, c. 1, c.p.a., contesta la provenienza unilaterale dei documenti prodotti dagli originari ricorrenti al fine di dimostrare che il Comune abbia effettivamente avanzato delle proposte di trasformazione.

Invero, risulta ampiamente dimostrato in giudizio che l’ente, in seguito all’adozione della citata delibera, chiedeva, con nota del 10 maggio 2005, di manifestare l’interesse alla trasformazione, comunicando il relativo prezzo e, dopo aver acquisito l’accettazione di tutti gli interessati, chiedeva agli stessi di procedere al frazionamento e all’aggiornamento catastale delle aree “in quanto le particelle derivate saranno oggetto di prossimi atti di compravendita”.

Si deve pertanto riconoscere che, ai sensi dell’art. 31, comma 47, della l. 448/98, nella fattispecie si sia perfezionata la “proposta da parte del comune ai fini della trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà.

10. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

Ne deriva il potere-dovere del Comune, in adempimento dei doveri di lealtà e correttezza, di dare esecuzione ai procedimenti di trasformazione, non sussistendo impedimenti al riguardo. Resta fermo che il prezzo di cessione già calcolato, come più volte affermato dal Comune negli atti sopra citati, è da considerare di carattere provvisorio e che, nel determinare il corrispettivo definitivo, il Comune dovrà tenere conto, in applicazione dell’art. 31, comma 48, l. n. 448/98, della totalità degli oneri connessi all’operazione.

11. Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello (R.G. n. 1384/2019), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il Comune di Montecatini Terme in favore degli appellati – in solido tra loro – al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, nella misura di euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019, con l’intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Verrico Paolo Troiano

IL SEGRETARIO