Esistono drammi più importanti e drammi meno importanti?

Quello che in tanti – Senatori compresi – non hanno occhi per leggere né orecchie per ascoltare.

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Stupisce notare come tutte queste lunghe dissertazioni universitarie rimangano, purtroppo, totalmente avulse dal contesto reale.
In un mondo perfetto sarebbero pure applicabili, ma cadono rovinosamente se calate nella realtà romana degli ultimi trent’anni (almeno).

A titolo esemplificativo, citerò alcune delle numerose criticità e incongruenze:

– Perché il venditore dovrebbe affrancare anche nei casi non previsti dalla normativa nazionale? Perché l’avvocatura capitolina si ostina a ritenere che il vincolo di prezzo massimo di cessione non decada mai, quando la convenzione di trasformazione approvata con la Deliberazione del Consiglio Regionale del 19 marzo 1980, n. 860, su cui il comune di roma dovrebbe basarsi, prevede che, decorsi 20 anni, tutti i vincoli decadono insieme con la convenzione stessa? Perché il comune non applica la suddetta convenzione tipo, bensì ha modificato, con deliberazione 46/2017,lo schema di convenzione sostitutiva di trasformazione, in modo da rendere necessaria l’affrancazione?

– La Suprema Corte, nel pronunciamento del settembre 2015, chiarisce che esso non si applica alle convenzioni in diritto di proprietà ex legge 10/77: in questo perimetro rientrano ANCHE le convenzioni sostitutive di trasformazione stipulate all’atto della trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà. Perché continuare a pretendere il pagamento dell’affrancazione anche quando queste convenzioni sono state stipulate e sono scadute? Perché impedire ai cittadini di stipularle?

– Perché, con la deliberazione 40/2016,il comune di roma ha elevato i valori venali dei terreni dei piani di zona ben oltre i parametri stabiliti dal comma 48 dell’art 31 della legge 448/98?

– Perché, con deliberazione 116/2018,il comune di roma ha disposto il pagamento di una quota minima di 2.500 euro,per affrancazione e trasformazione, quota che non è contemplata in alcuna norma nazionale?

La legalità non può valere solo quando fa comodo.

Al di là di queste considerazioni, è a dir poco curiosa l’evidente disparità di trattamento rispetto a due drammi che rappresentano due facce della stessa medaglia.

Per ogni venditore che rischia di perdere somme enormi, esiste un acquirente che ha perso la stessa somma enorme.

Tuttavia, mentre da un lato riscontriamo una giusta ed encomiabile partecipazione, quasi “umana” si direbbe, sofferta, da parte del legislatore, partecipazione che conduce alla mobilitazione di interi staff, alla modifica urgente di disposizioni di legge con interventi che suscitano legittimi dubbi di costituzionalità, alle telefonate notturne, a inconsueti consigli elargiti agli interessati direttamente sui social network e giustificati proprio dal dramma estremo, nonché al tentativo estremo di cambiare schemi, regole, procedure, atti, perché è in atto un dramma sociale, e va risolto in fretta.

Dall’altro lato, contestualmente, rileviamo che uno stesso, identico dramma – perché nessuno potrà mai negare che veder svanire in un colpo solo i risparmi di una vita rappresenti un dramma – viene liquidato a sciatta e assurda pretesa, fors’anche un po’ infantile, di arricchimento, di speculazione inversa.
Pur sostenendo di voler ascoltare le esigenze di tutti, si annichiliscono le esigenze di queste famiglie, adducendo argomentazioni risibili, come se, in fin dei conti, ci fosse una malcelata volontà di punire.
Si continua a parlare di ripetizione dell’indebito, ma è chiaro ormai che il tema è ampiamente superato dai fatti: la maggioranza di queste famiglie vorrebbe unicamente veder valorizzato il bene immobile su cui ha sacrificato una vita intera.
Si sostiene che chi ha acquistato sapeva bene che comprava un diritto di superficie libero da vincoli, mascherando, con abile retorica, ciò che è vero, ossia che chi ha acquistato prima della sentenza 18135 ha comprato un alloggio totalmente e liberamente commerciabile. Ed ora, è importante ribadirlo, sanabile in toto SOLO alle condizioni contra legem imposte dal comune.
Addirittura, invece di intervenire di fronte a questo disagio estremo, come ci si aspetterebbe in virtù della comprensibile reazione di fronte all’altro dramma, si preferisce rinviare l’acquirente, un po’ alla “Ponzio Pilato”, a insostenibili indagini sulla responsabilità del notaio o di chicchessia, sostanzialmente abbandonandolo al proprio destino.
Riassumendo, a queste famiglie si nega l’aiuto che chiedono e che meriterebbero.
Invece, non dovrebbe lo Stato, anche in questa circostanza, correre a perdifiato per sanare pure questo secondo dramma sociale?
Non dovrebbe mettere in moto, senza indugio alcuno, staff, procure, giudici, per accertare le reali responsabilità e tutelare ANCHE queste famiglie?
Ma conviene? Interessa davvero?
Esistono drammi più importanti e drammi meno importanti?

Più di tutto, dunque, colpisce questo atteggiamento vistosamente iniquo che, visto che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, lascia l’amaro in bocca e fa dubitare seriamente che si voglia far sì, in fin dei conti, che una somma enorme, che non doveva essere sborsata ed è stata invece sborsata, finisca nel nulla insieme con le tante domande poste,onde evitare che emergano fatti e comportamenti gravissimi.

Questa non sembra, a tutti gli effetti, una pace sociale: somiglia, di gran lunga, ad una pace delle casse statali ed alla felicità delle casse comunali.